Teologia Femminista, Genesi e Sviluppo

Karin Gaube e Alexander Pechmann

Teologia Femminista, Genesi e Sviluppo

Traduzione dal tedesco di Vincenzo Noja

Casa Editrice Atanor, Roma 1992

Titolo dell’originale:
Magie Matriarchat Und Marienkult, Frauen Und Religion. Versuch Einer Bestandsaufnahme

Rowohlt Taschenbuch Verlag, Reinbek bei Hamburg, 1986

Dalla quarta di copertina

Essere senza anima, immagine dell'uomo ma non di Dio, discendente diretta di Eva, simbolo di tentazione e di peccato: ecco il ritratto che della donna fece il cristianesimo, quando, intorno al quarto secolo cominciò ad occuparsi del "gentil sesso". Eppure l'emergente religione dell'Occidente doveva la propria sopravvivenza al contributo determinante dell'elemento femminile, in particolar modo delle diaconesse (investite in quei tempi di indubitate funzioni sacerdotali). Oggigiorno, sulle ipervie dune del deserto mesopotamico, in un incredibile "ritorno" alle sorgenti della nostra civiltà, la donna tenta di riscattare la sua millenaria sudditanza al patriarcato contribuendo, in una versione mascolinizzata e militaresca, alla "guerra del golfo" e condividendo col "sesso forte" gli stenti e i pericoli che, fino a poco tempo fà, rifuggiva anche per libera scelta. Queste due parentesi storiche rappresentano però gli estremi limiti di una ininterrotta ricerca, da parte della donna, di una propria identità con una personale visione del mondo e dello spirito, estranea il più possibile da ogni intervento maschile, inquinatore in quanto tale.

Miti, dottrine, vicende personaggi si susseguono, pertanto, nel presente saggio che gli Autori, in un accurato, benché sintetico, esame offrono all'attento lettore.

Nell'antro della civiltà contemporanea le tenebre sono, in proposito, ancora fitte ma, in fondo, molto in fondo, si intravede una luce, anche se timida, di grande speranza.

Dalle pagine 52 e 53

Donne nel Medioevo

Nel medioevo il cristianesimo era religione predominante in Europa e le donne, a quel tempo, conoscevano solo due vie per la salvezza della loro anima: il matrimonio e la maternità, oppure la verginità. Nel matrimonio la donna era sottoposta all’uomo, il quale aveva su di lei diritto di rappresentanza e di educazione, dopo la morte del marito non poteva risposarsi. Per ogni deviazione da questa morale, per ogni “scappatella”, seguivano delle punizioni molto severe, mentre ben altra cosa erano le conseguenze per l’uomo. In sostanza la donna rimaneva limitata al ruolo di produttrice di bambini.

La condizione riconosciuta come sostitutiva della vita di coppia era la verginità.

Scrive la storica Annette Kuhn: “L’immagine della donna cristiana era la rappresentazione della donna ritirata, morigerata sessualmente, con poca attenzione verso le cose esterne, che viveva miseramente del minimo necessario, generosa e pronta ad aiutare poveri e malati, attenta a studiare le sacre scritture” [1]. La storia religiosa femminista si concentra perciò su quelle forme di religiosità femminile che hanno condotto ad una vera e propria “mistica delle donne” ed al diffondersi della figura della monaca. Scrive Elisabeth Gössmann: “È un compito della teologia e della storia della filosofia distinguere queste donne dalla mistica e dalla storia della devozione, riscoprendo come teologhe, quale ruolo esse hanno ricoperto e quali influenze rivestite per la formulazione del credo, con una propria forma di contenuti religiosi”. [2]

In Germania, soprattutto, si distinsero tre monache molto famose riguardo a questa forma di religiosità femminile: la nobile badessa dell’alto medioevo Hildegard di Bingen, la beghina Mecthild di Magdeburg e “la sorella girovaga” Katrei di Strasburgo.

[1] Kuhn Annette, Frauen in Mittelalter, vol. 2, Düsseldorf, 1884, p. 44.
[2] Gössmann Elisabeth, Das wohlgelahrte Frauenzimmer, München, 1984, p.11.